Progetto VITE SEGNATE VOCI SOSPESE
Auschwitz – Birkenau
È sempre molto difficile affrontare un argomento così tremendamente doloroso e complesso come lo è la Shoah, l’olocausto. Fin dall’inizio ci siamo chiesti se fosse possibile fotografare un abisso come questo, fotografare con un intento e uno giusto scopo senza cadere nella facile retorica e in certi cliché fotografici. Una fotografia che potesse essere utile, mezzo per veicolare un messaggio.
E’ stato un progetto fotografico impegnativo quanto importante, ma soprattutto ciò che più conta, è stata un esperienza umana intensa e profonda.
L’idea
Nell’estate del 2013 durante un uscita fotografica si rifletteva su alcune nuove proposte, tra le tante idee quella di Luigi Cremaschi suscitò fin da subito interesse e entusiasmo: organizzare un viaggio in terra di Polonia per conoscere con i propri occhi la tragedia dei campi di concentramento nazisti, scegliendo di visitare Auschwitz. In quel momento nessuno immaginava l’impatto emotivo che quell’incontro avrebbe prodotto in noi. Considerando l’impegno economico per viaggio-soggiorno e la disponibilità di tempo libero, la proposta riscosse una buona partecipazione, 9 fotografi:
- Alberto Zacchello
- Alessandro Pessina
- Christian Roveda
- Cristina De Tullio
- Giovanni Chiodini
- Luigi Cremaschi
- Massimiliano Belloli
- Monica Veronese
- Ugo De Tullio
Le prime difficoltà
Prendere contatto con il luogo e la storia di Auschwitz non è di certo facile, prima di partire eravamo consapevoli del fatto che sarebbe stata una esperienza forte, soprattutto dal punto di vista umano, personale. Eravamo consci del fatto che avremmo visto e forse fotografato qualcosa che urtava la nostra sensibilità, avremmo dovuto fare i conti con le nostre più profonde emozioni e fragilità. Non tutti avevano uno stato d’animo tale da affrontare tutto questo. Di fronte all’orrore e all’abisso del genere umano l’istinto di difesa spesso prevale. Qualche fotografo non si sentì pronto, nelle condizioni per affrontare un esperienza così forte e impegnativa.
Anche tra coloro che scelsero di aderire al viaggio, il timore e il rischio di trovarsi nella condizione di non riuscire a fotografare fu una condizione da non sottovalutare, l’eccessiva emotività avrebbe potuto sovrastare quel minimo di autocontrollo necessario per scattare una foto.
Ci eravamo preparati al viaggio, ci eravamo documentati grazie ai libri e alle immagini che raccontano di Auschwitz ma quell’incontro cambiò tutto.
Il primo obiettivo
Diversi ambienti ad Auschwitz e Birkenau sono interdetti alle riprese video e fotografiche, non certo per un problema tecnico o per motivi legati ai diritti d’immagine ma per ovvi motivi etici, di rispetto alle vittime di questi luoghi.
Eravamo decisi a realizzare un reportage integrale della nostra visita ma per farlo serviva il permesso per poter fotografare con la tempistica necessaria e soprattutto senza violare divieti e nel pieno rispetto che quei luoghi esigono. Serviva quindi ottenere un pass speciale rilasciato dalle autorità che gestiscono il museo. Quindi inviammo richiesta scritta all’attenzione della Direzione del Museo di Auschwitz specificando le nostre necessità motivandole e avvalorandole con il progetto fotografico che desideravamo realizzare. Il nostro interlocutore prese in considerazione la richiesta per una visita di gruppo, ma solo grazie alla determinazione di Cristina riuscimmo ad ottenere una un pass speciale per fotografare senza restrizioni, una visita guidata specifica e ristretta al nostro gruppo e il supporto di una bravissima guida in lingua italiana.
Il viaggio in Polonia
Partimmo quindi Venerdì 15 Novembre 2013 con volo low cost dall’aeroporto di Orio al Serio alla volta di Cracovia. Cristina aveva pianificato tutto con perizia, efficienza e straordinaria cura.
Nel freddo Sabato del 16 Novembre 2013 visitammo il campo di concentramento di Auschwitz e il campo di sterminio di Birkenau, provando un’esperienza umana forte.
Avevamo scelto la visita guidata di 6 ore, circa 3 ore per visitare e fotografare Auschwitz e altrettante 3 per il vicino campo di Birkenau.
Il racconto dettagliato della visita: Visitare e fotografare Auschwitz Birkenau
L’esperienza diretta
Questo è sicuramente il primo progetto in cui l’idea di partenza subisce un evoluzione: per quanto inizialmente ci fossimo avvicinati, interessati e documentati a quei luoghi e alla loro storia, non eravamo abbastanza vicini a quell’abisso e per comprenderlo fino in fondo serviva toccarlo con mano, viverlo nel profondo: prima della partenza pensavamo che belle fotografie fossero necessarie per raccontare la visita e il contatto con quella realtà, ma la nostra esperienza d’incontro cambiò inevitabilmente tutto.
Questa volta le fotografie forse non sarebbero bastate, l’esperienza diretta poteva anzi doveva essere raccontata anche attraverso la nostra voce, i pensieri, le emozioni, le nostre parole.
Un effetto inaspettato
Ritornammo a casa consci di aver vissuto un’esperienza umana forte e profonda ma quando iniziammo a post produrre ci trovammo di fronte ad un effetto inaspettato. Guardarle da vicino, meditarle con attenzione e cura, ripercorrere il vissuto attraverso di loro, ci rese coscienti del fatto che quelle immagini non solo conservavano le profonde emozioni vissute ma anzi le amplificavano o addirittura avevano la capacità di far scaturire nuove emozioni. Un esito che poteva essere prevedibile per la forza del soggetto e del messaggio ma fu invece inaspettato perchè involontario e condiviso da tutti.
Condividere le emozioni
Qualche settimana dopo, i soci che avevano partecipato al viaggio presentarono a tutti la propria selezione d’immagini. In quell’occasione ogni fotografo illustrava e completava i propri scatti con pensieri, commenti e riflessioni per condividere con gli altri le proprie emozioni. Al termine delle proiezione seguì un lunghissimo silenzio. Un silenzio molto eloquente, che come si suol dire, vale più di mille parole.
Questa modalità di presentazione aveva un forte impatto, le immagini e le emozioni dalla viva voce dei fotografi avevano toccato, commosso ed emozionato anche coloro che non avevano vissuto quel viaggio. Poteva essere una reazione prevedibile visto l’argomento ma ci sorprese constatare che il messaggio contenuto in quelle immagini arrivasse con tale efficacia e capacità. Altri soci che non avevano partecipato al viaggio compresero l’importanza e la portata di questo progetto, in seguito il loro contributo si dimostrò importantissimo e fondamentale.
Chi, «cosa» e «come»
Si formò in maniera naturale un team di lavoro, amici e persone motivate, ne conseguì un incontro e discussione per decidere «cosa» e «come» realizzare con il materiale fotografico a disposizione.
Il team di lavoro è composto da:
- Alberto Zacchello
- Alessandro Pessina
- Christian Roveda
- Claudio Lepri
- Cristina De Tullio
- Giovanni Chiodini
- Luigi Cremaschi
- Marilù Giussani
- Massimiliano Belloli
- Mauro Tondelli
- Monica Veronese
«Cosa» – dare corpo al progetto
Passaggio cruciale fu decidere cosa realizzare con il materiale a disposizione. Si poteva pensare nell’ordine, ad una mostra, un audiovisivo, un libro, l’una non escludeva l’altra ma occorreva dare priorità ad un singolo traguardo e preparare una solida base di partenza.
Iniziammo a valutare seriamente l’ipotesi di realizzare un foto album cartaceo che potesse essere il biglietto da visita del nostro progetto e il punto di partenza per possibili o imprevedibili sviluppi.
Il materiale ma soprattutto l’argomento richiese un attenzione e una cura particolare fu quindi importante partire con il piede giusto senza cercare scorciatoie.
«come» – una nuova forma
Sull’argomento Auschwitz Birkenau indubbiamente c’è tantissima letteratura, testimonianze, documenti storici, documentari, studi, racconti, romanzi, film ecc… forse mancava il racconto visivo e la testimonianza dell’incontro con quei luoghi così come sono oggi, luoghi che hanno una storia importante ma che devono necessariamente relazionarsi con la nostra attualità, nel nostro mondo, dove la fotografia e l’immagine hanno assunto un ruolo predominante e illimitato, interprete e impronta della realtà.
Dalla riflessione tra noi era nata la volontà di metterci ancora più a nudo del solito -un fotografo parla tramite le sue immagini. Nello stile di Foto In Fuga, ogni fotografo doveva apportare un suo punto di vista di ugual valore per raccontare una storia, però questa volta non bastò. Esprimere il dolore che ci aveva accompagnato confrontandoci con la realtà di Auschwitz non era pienamente possibile, ma cercammo una strada per tentarci.
Scoprimmo quindi una nuova forma espressiva, una strada assai scomoda ed impegnativa per un fotografo. Dover dare viva voce alle proprie foto, era un esercizio impegnativo, perché si è sempre restii ad esprimere e mettere a nudo le proprie emozioni. Non didascalie o descrizioni del luogo, ma frammenti di emozione vera, degli stessi autori dello scatto, di fronte ai quei muri, quei reticolati, quelle torrette, immagini accompagnate da poche frasi scritte dagli stessi fotografi: è il fotografo stesso che mette a nudo i sentimenti che hanno riempito il suo cuore.
Un sforzo personale che richiese tempo e l’impegno comune per sostenere chi per propria inerzia o ritrosia non riusciva ad esprimere o tradurre le emozioni in parole e pensieri. Fondamentale l’aiuto il supporto e il contributo di Claudio Lepri , Marilù Giussani e Mauro Tondelli. Passo dopo passo riuscimmo a ottenere le bozze dei testi. Ora occorreva mettere tutto insieme in una forma presentabile.
Genesi del libro
Quando si vuole raggiungere un traguardo tanto importante quanto arduo da raggiungere, spesso conviene percorrere il sentiero senza pensare alla vetta, passo dopo passo si arriva in cima. Un libro era sicuramente l’ultimo (per difficoltà e complessità) dei pensieri e dei propositi ma quasi senza renderci conto ci arrivammo per tappe intermedie, la pubblicazione del libro VITE SEGNATE VOCI SOSPESE ha in un certo senso seguì questo percorso un po’ per volontà e un po’ per sorte fortuita.
Sviluppo dell’album fotografico
Le foto a disposizione erano tante, volevamo che l’album ripercorresse i nostri passi, il nostro cammino anche interiore in quell’abisso, una sorta di “ti porto per mano ad Auschwitz Birkenau”. Di conseguenza le foto avrebbero dovuto essere riportate secondo l’ordine cronologico della nostra visita. Dovendo raccontare quei luoghi oggi le foto non potevano essere convertite in bianco e nero (salvo pochissime eccezioni). Quindi si suddivisero gli scatti seguendo questa logica e si iniziò ad impaginare l’album. Dal punto di vista tecnico si scelse di utilizzare Adobe Lightroom che incorpora un modulo per l’impaginazione di album fotografici. Nel giro di qualche settimana l’album prese forma: diviso in tre parti, la prima dedicata alla visita ad Auschwitz, l’ultima a Birkenau e nel mezzo si scelse l’aggiunta di un sezione speciale interamente dedicata ai bambini che subirono l’orrore dell’olocausto, una composizione di foto realizzate da Christian Roveda. Il lavoro d’impaginazione e di realizzazione grafica fu eseguito da Giovanni Chiodini con il supporto di tutto il team e richiese circa 2 mesi fino al suo perfezionamento.
Presentazione dell’album fotografico – nuovi sviluppi
Ad Ottobre 2014 a circa un anno dalla nostra visita in Polonia l’album fotografico era ultimato, finalmente potevamo utilizzarlo per presentarlo ai nostri contatti ed interlocutori. Eravamo fermamente convinti che questo materiale e il suo messaggio dovevano trovare modo di poter raggiungere un pubblico più vasto possibile. Invitammo quindi una larga delegazione delle sezioni ANPI della nostra zona, la Pro Loco di Magenta e qualche altro nostro contatto. Volevamo presentare un anteprima assoluta del nostro lavoro. In quell’occasione Monica Veronese fu la voce narrante del nostro album. A fine proiezione un interminabile minuto di silenzio comprovò nuovamente il fortissimo impatto emotivo. In quell’occasione era presente l’editore Luca Malini di Magenta de “la memoria del mondo” rimase colpito ed entusiasta del nostro lavoro, ci propose quindi di realizzare un libro a tutti gli effetti. Quasi inutile dire che questa proposta fu accolta con grande soddisfazione da tutti.
Dall’album al libro
La pubblicazione e la stampa del libro richiedeva però il rifacimento dell’impaginazione consoni ai requisiti tecnici richiesti dal tipografico per la stampa digitale di altissima qualità. Lightroom aveva più volte dimostrato i suoi limiti nell’impaginazione, nella numerazione delle pagine e nella gestione dei testi. Si scelse quindi di utilizzare un software d’impaginazione professionale. Grazie al lavoro di Mauro Tondelli si riuscì a reimpaginare il libro nella sua prima bozza mantenendo quasi integralmente il taglio e le impostazioni grafiche dell’album originale. Si scelse una dimensione che potesse essere il giusto compromesso tra esigenze editoriali e tipografiche di stampa. Il formato 24×24 risultò essere la soluzione ideale. Si aggiunsero quindi i testi introduttivi e le ultime pagine con le miniature didascaliche delle foto. Infine il lavoro di revisione e il ritocco finale ai testi richiese tempo e grande dispendio di energie: ogni singola parola, virgola fu pensata, meditata, rivista fino ad ottenere un risultato armonico tra il pensiero del fotografo e le esigenze narrative.
Il titolo
Occorreva quindi trovare un titolo, inedito evitando soluzioni banali o scontate. Camminare su quei sassi, scivolare lungo quelle pareti, entrare in quegli stanzoni aveva generato in noi un angoscia che abbiamo voluto “urlare”. Un urlo pieno di dolore, eco flebile di quello che avevamo incontrato. Non solo avevamo visto le testimonianze della barbarie umana che cancellò milioni di vite “vite segnate”, ma avevamo ascoltato le mille voci che parlano da ogni mattone e legno di Auschwitz. Voci che parlano, ma voci senza più voce, “voci sospese”.
La copertina
Tra tutte le foto adatte per la copertina si scelse un immagine scattata da Giovanni: una foglia degli alberi di Birkenau trafitta dal filo spinato, un richiamo forte al titolo, la foglia ingiallita, simbolo di una vita segnata, esile natura trafitta dal filo spinato che grida la ferocia umana, voce sospesa.
Il nostro messaggio
La fotografia, lo sappiamo, è un potente strumento di documentazione: questo libro ripercorre in modo coinvolgente i passi di quella visita. Ma la fotografia è anche specchio dell’anima e le intense foto presentate nel libro ci fanno vivere emozioni che scuotono la nostra quotidianità. Le foto hanno la voce degli stessi autori dello scatto.
Auschwitz Birkenau non è solo storia e non può essere relegata tra i «mostri» di una realtà lontana che non ci appartiene e coinvolge. Per questo il libro VITE SEGNATE VOCI SOSPESE offre la maggior parte delle immagini a colori: vuole connettere passato e presente.
Il messaggio racchiuso in questo coinvolgente libro di immagini e parole è proprio qui: Auschwitz non può essere solo monumento alla Memoria ma dev’essere soprattutto stimolo di riflessione sul presente e sul nostro agire. Lo scopo di questo libro è di aiutare a comprendere che la visita ad Auschwitz non è visitare un museo, ma “mettere il dito” nella ferita aperta, ancora pulsante, inferta agli uomini da altri uomini. E’ un invito a visitare questo luogo perché solo mettendo il dito nella ferita si può capire quello che è accaduto, quello che accade ogni giorno nel nostro mondo.. E come sia importante impegnarsi per un mondo migliore, ricco di speranza.
“Ho visto popoli sterminati e popoli sterminatori, chi sono? Uomini, si. Pari nostri”
8 novembre 2019 – Binario 21 – Milano – Cristina De Tullio consegna il nostro libro a Liliana Segre.
Qualche riflessione
“La fotografia è l’unico «linguaggio» compreso in ogni parte del mondo e superando tutte le nazioni e le culture, unisce la famiglia umana. Indipendente da qualsiasi influenza politica – dove la gente è libera – rispecchia la vita e gli eventi in modo veritiero, ci permette di condividere speranze e disperazioni altrui, chiarifica condizioni politiche e sociali. Noi diventiamo testimoni oculari dell’umanità e della disumanità degli uomini…” (Helmut Gernsheim Creative Photography, 1962)
Le fotografie sconvolgono nella misura in cui mostrano qualcosa di nuovo, ma oggigiorno l’enorme archivio fotografico delle miseria e dell’ingiustizia nel mondo ha dato a tutti una certa consuetudine e assuefazione con l’atrocità, facendo apparire più normale l’orribile, rendendolo famigliare, remoto, inevitabile. In fotografia spesso si rincorrere la tendenza, la moda di ricercare di proposito fotografie con valenza macabra, luoghi e soggetti lugubri. La proliferazione di questo genere di immagini ci rende quasi indifferenti perché guardiamo il mondo e molto di ciò che ci circonda solo tramite loro piuttosto che attraverso l’incontro, in contatto e l’esperienza diretta con la realtà.
Nel nostro piccolo abbiamo prestato attenzione nel utilizzare e ricercare fotografie dal contenuto concreto, reale ma senza cadere nella tentazione di enfatizzare e accentuare di proposito la cruda realtà solo per destare sorpresa, sconcerto, indignazione. Più che riprodurre la realtà nella sua tremenda autenticità volevamo dare vera testimonianza delle nostre emozioni così che le immagini potessero diventare stimolo e invito a prendere contatto reale soprattutto attraverso l’esperienza diretta. Nell’ambito di questo progetto è stato bello constatare come la nostra esperienza abbia coinvolto ed interessato anche tante persone estranee al nostro viaggio.
Ringraziamenti
Dobbiamo quindi ringraziare la Direzione del Museo di Auschwitz Birkenau per la loro disponibilità.
Un particolare e sentito ringraziamento a Ewa Togneri, la nostra guida, persona di grandissima professionalità e profonda sensibilità. Senza di lei non avremmo potuto fotografare, senza di lei non avremmo potuto ascoltare le voci sospese di Auschwitz e Birkenau. Ricorderemo sempre la sua voce, il suo viso, le sue parole ma soprattutto ricorderemo il suo monito e le sue perplessità riguardo la malvagità dell’uomo che senza memoria del passato sarà condannato a rivivere gli stessi orrori.
In fine un ringraziamento particolare al nostro editore Luca Malini per aver creduto in questo progetto e per averci aiutato in ogni occasione e circostanza.
Acquisto del libro
Promozione del libro e proposta didattica
Dall’Aprile del 2015, in occasione delle manifestazioni relative all’anniversario della liberazione d’Italia e anniversario della Resistenza e successivamente in occasione della ricorrenza del Giorno della Memoria, VITE SEGNATE VOCI SOSPESE viene presentato al grande pubblico grazie ad una presentazione con voce narrante, di grande impatto emotivo: immagini fotografiche, pensieri che nascono dalla visita, oggi, ad Auschwitz e Birkenau.
VITE SEGNATE VOCI SOSPESE inizia così il lungo percorso di presentazione e promozione in diverse sedi e grazie all’invito e alla collaborazione con diverse associazioni e istituzioni.
E’ molto di più di una semplice presentazione del libro, è un vero e proprio viaggio emozionale ad Auschwitz-Birkenau così come si presenta oggi ai suoi visitatori.
Ma la nostra non vuole essere solo una mera promozione editoriale, nel fotoclub è forte la volontà di divulgazione del messaggio e della riflessione contenuto nel nostro documento fotografico. Per questo motivo siamo aperti a proposte ed inviti da parte di scuole, istituzioni e associazioni perchè possa diffondersi maggiore sensibilità all’argomento.
Quando rimarremo soli a raccontare l’orrore della Shoah, non basterà dire «Mai più!»
né rifugiarsi tra le convenzioni della retorica. Serviranno gli strumenti della storia e la
capacità di superare i riti consolatori della memoria.”D. Bidussa, Dopo l’ultimo testimone, Torino, Einaudi, 2009.
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